Altre "Dive" sulle sponde di celluloide esplorate dai ragazzi dell'"Altrove". Anche Jane Fonda, figlia di Henry, altalenò sulle onde di pellicola dagli anni '60 in poi...senza più andare a fondo. Nel 1966 fu suo marito, Vladimir Plemmianikov, più noto come Roger Vadim (1928-2000), ad offrirne generosamente al pubblico, per la seconda volta, freschezza e passione. "La calda preda" è pallina rosa di stercorario che, a precipizio giù dal monte Passione, si fa lava rossa incandescente che tutto incenerisce. Peggio per la protagonista, che si credeva al sicuro tra le solide mura, in realtà vuote dentro, dei nuovi castelli borghesi.
Produzione franco-italiana il cui soggetto fu tratto da "La cuccagna" di Émile Zola (1840-1902), tiene fede allo schema Vadim = Histoire d'Amour (possibilmente scabrosa); come se il credo del regista parigino fosse approcciare i lati esistenziali degli individui provenendo dalla strada, opposta, quella fatta in due e senza ricerca di sé; Vadim, in questa storia di vuoti percorsi di coppia, mostra le deviazioni che ingannano, gli amplessi che illudono, per giungere alla fine, al problema di fondo: una società da cui, sul piano sessuale ancora prima che affettivo!, ci si può aspettare solo qualche briciola (stantìa).
Ai mendaci momenti musicati, difatti, succedono silenzi dolorosi. Ai divertenti giochi di facciata (giardini, tenute, party), seguono freddo calcolo ed investimenti. La farfalla dalle curve sinuose e superfici variopinte (come la stessa Fonda nel suo bagno elegante, o come lo stesso lusso attorno alla perla bionda) già rivela il verme che è in lei. Per una volta non è il Tempo, lo stregone deturpante, bensì il Soldo, meno esperto ma più efficace.
(depa)
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