Ieri pomeriggio (era il 26.12)...boh. Si era in casa, gelo pioggia. Vado al cinema a vedere l'unico film "presentabile" nelle sale italiane, un libanese. Un invito a Marigrade e, nella Sala 2 dell'"Ariston" si è, appunto, in 2. Non in totale poiché, in verità, di gente ce n'è. "L'insulto", scritto e diretto da Ziad Doueiri (Beirut, 1963), è un film a sfondo sociale ambientato in una delle aree più segnate dall'odio etnico e religioso (in realtà autentico odio economico, foraggiato da interessi di stato, prima, e multinazionali, poi). Da un fatterello, un tubo!, ad un sadico processo di "interesse nazionale", ecco a quale progresso sono giunte le nostre gloriose civiltà.
Il vuoto, questo conosciuto
Il Premio della Giuria a Cannes 2017 non ha certo fatto gola al pubblico. Ieri pomeriggio, a vedere "Loveless" di Andrej Zvjagincev, tre anime nella spaziosa Sala 1 del "City" (peut-etre que tutti l'avessero già visto...). Va detto che, se il film russo sul piano visivo porta un'ottima fotografia cupa e compatta e, su quello contenutistico, picchia duro come deve, d'altro canto lo fa lo fa senza mostrare toccare vertici lungo il percorso, senza scorci indimenticabili, senza alcun tono prezioso che gratifichi; ma anzi, appiattendosi su un racconto piuttosto didascalico, vittima esso stesso del vuoto raffigurato.
Ammazza, il progresso!
Il cassiere, grasso e cornuto, più antipatico della Liguria continua a secernere scorbuto? Un cinema, il "Corallo", trova tutti i modi possibili per far pagare 10€ qualunque film (eventi speciali, prime, primissime e primizie...), financo quelli di un certo Berner? Beh, riprendo i sacchi dal bancone e corro in sala Valéry, certo più rispettosa verso i rari cinefili che s'aggirano per le strade gelate. Sul tappetino bianco, dove quasi vivo, cado sempre morbidamente: difatti "Home", del 2008, sua opera prima, permette di rivedere Ursula Meyer, la regista franco-svizzera di Besançon che ci colpì col suo notevole secondo lavoro. Racconto al limite del surreale, se non fossero questi i tempi e i luoghi di una vita impazzita, di esistenze spinte al limite da un progresso che è sempre più involucro vuoto, con all'interno mattoni truffa che simulano un peso affettivo che non c'è, e che d'altronde imprigionano ed isolano, al grido di Infrastrutture!, ogni immaginazione possibile. Sino alla sterilità cerebrale: cioè come ci vogliono.
Gatta senza zampino
Altre "Dive" sulle sponde di celluloide esplorate dai ragazzi dell'"Altrove". Anche Jane Fonda, figlia di Henry, altalenò sulle onde di pellicola dagli anni '60 in poi...senza più andare a fondo. Nel 1966 fu suo marito, Vladimir Plemmianikov, più noto come Roger Vadim (1928-2000), ad offrirne generosamente al pubblico, per la seconda volta, freschezza e passione. "La calda preda" è pallina rosa di stercorario che, a precipizio giù dal monte Passione, si fa lava rossa incandescente che tutto incenerisce. Peggio per la protagonista, che si credeva al sicuro tra le solide mura, in realtà vuote dentro, dei nuovi castelli borghesi.
Le giostre del ricordo
Venerdì scorso Cinerofum in trasferta come ai vecchi tempi. Pulcy Dani, Elena, Albert Monz ed io...gotto di rosso in fondo a via del Molo, poi attraverso tutti i Caruggi, per giungere dinanzi al "Sivori" per l'ultimo di Woody Allen. Addirittura la paura che i posti finissero. Ma nessuna coda per l'ottuagenario regista newyorkese che, quei "vecchi tempi", li sa raccontare come pochi altri; rendendo il colore lontano e la luce immaginaria dei ricordi, insomma l'imponderabile gioia dei dolori dxi una volta: "La ruota delle meraviglie" (t.o. "Wonder Wheel").
Donna di Picche-Fanti di cuori: 5-0
Altra gran Jeanne Moreau alla rassegna "Intolerance - Dive" del lunedì sera. Due giorni fa, l'attrice parigina, dopo essersi presentata platinata e giocatrice all'aperitivo, è tornata alla soirée tutta vestita di nero, poi di bianco, poi di nuovo...accecata dal dolore, armata dalla rabbia, avrà 5 tappe per giungere alla meta: vendetta per tutti coloro che le infransero il sogno. "La sposa in nero", del 1968, scritto e diretto da François Truffaut, è un thriller, un film d'azione, come preferite, che può facilmente essere considerato una delle congiunzioni che portarono da Hitchcock a Tarantino...
Il vuoto a "giochi fatti"
Belle queste "Dive" che quelli dell'"Altrove" ci stanno proponendo nelle loro consuete rassegne "Intolerance". Ieri, per esempio, abbiamo passato la serata con la grande Jeanne Moreau (scomparsa lo scorso luglio quasi nonagenaria), la quale, prima di farsi noir per la macabra revanche, durante l'aperitivo ha sfoggiato una veste di blonde femme fatale schiava del gioco d'azzardo: "La grande peccatrice" (t.o. "La Baie des Anges"), scritto e diretto nel 1963 da Jacques Demy, è un'effimera corsa attorno ai tavoli da gioco, roulette farabutta che già, assieme al dolce dell'incontro, mescola l'amaro del distacco.
Due sogni distanti
Lunedì scorso, alla "rassegna dedicata alle grandi Dive del cinema degli anni ‘60 e ‘70" organizzata dai ragazzi dell'"Altrove", altra meraviglia femminile: Claudia Cardinale caravaneggiante lungo la via Emilia, dalle balere romagnole sino alla Spider di qualche giovane viziato dal Casato, scuoterà il cuore di un ragazzo francamente non all'altezza. "La ragazza con la valigia", diretto da Valerio Zurlini nel 1961, ci mostra questo subbuglio senza età, oltre ad una prevaricazione senz'epoca.
Noi, ipocriti felici
Oh. Ogni tanto un diverso compare all'orizzontale. Quasi in sordina sta passando nelle sale l'ultima "Palma d'oro". Un freddo venerdì può essere ben speso con percorso cinematografico originale (scandinavo), graffiante e provocatorio. "The square", diretto dallo svedese Ruben Östlund è un ottimo strumento audiovisivo per rilevare tracce di profonda ipocrisia nell'aria (compresa la sala del cinema).
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