Sabato triste, quello appena trascorso. Zena imbrattata di nero, tra carogne che brindano e boia che proteggono; ferita aperta da cui chissà che sgorgherà. Pieno di rabbia e interrogativi, mi dirigo verso gli "Amici del Cinema", verso una di quelle sale che, come spesso accade, sole sanno darmi il giusto respiro. In programma la sensibilità profonda e lo stile pulito di Max Ophüls che, con "Tutto finisce all'alba" (t.o. "Sans lendemain"), diresse nel 1939 una straordinaria Edwige Feuillère, qui nei panni d'una donna e madre affetta da un amore classicamente impossibile.
Da un soggetto del berlinese "Jean Villeme" (Hans Wilhelm), una storia d'amore scabrosa che Ophüls sa accarezzare ed incorniciare alla sua maniera. In una Parigi avvolta nella nebbia e nei rapporti falsi e prevaricanti, dove solo i lampioni o i cristalli dei varieté illuminano tutt'intorno d'illusioni, le dissolvenze del regista tedesco smorzano il rammarico (difatti sono ballerine vellutate).
Grande interpretazione della Feuillère (1907-1998), la "grande signora del teatro francese" che rifiutò le lucciole hollywoodiane, con espressioni totalmente afflitte da un presente distante miglia e miglia di sogni da quanto fantasticato. La même femme non può essere. Scenografia e m.d.p. si rincorrono come gattini ben affiatati, contribuendo al coinvolgimento dello spettatore (la gabbia degli uccelli dietro le tendine). Immensa "Babs" che rivela il suo passato con lo sguardo perso in un dolore lontano (o che dà l'addio al treno dei sogni).
Finale perfetto, senza strombazzate, andandosene così, fuori d'un petit bistrot sur la Seine. Classe sopraffina.
(depa)
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