Ieri sera, in fuga da tutto, dalle 3 pappine del Dall'Ara, dal gelo in casa (0,4 bar che lampeggiano) e da una film che non s'ha da fare (boicotta "Amor Y Anarquia" della infame Agustina Macri), gli "Amici del Cinema" sono stati gli unici a scaldarmi un po'. Non tutto è farina loro, certo, anzi grosso del merito va a Max Ophüls che, ancora una volta, nel 1940 riuscì a mettere Edwige Feuillère in condizione di mostrare tutta la sua arte. "Da Mayerling a Sarajevo" è un ottimo sguardo tra Storia ed Amore, valevole per tutte quelle volte che questi...s'intrecciarono a morte.
I caratteri tipografici dei titoli di testa sono di per sé una sintesi di ciò che accadrà, il potere delle illustri casate imperiali, frammisto alle grazie di un amore da favola antica. La pellicola inizia ed il regista tedesco non si distrae per un attimo, legando tra loro alcune eleganti ed accattivanti sequenze. La sensazione è che il buon Max si divertì molto a girare questo film. Se sia vero o no, un'altra che pare essere stata più che a suo agio è la già citata attrice francese, meno ingessata della sua controparte maschile (John Lodge). Si commuove la "sua" dolce e fiera contessa ceca, Sophie Chotek, e ci commuoviamo noi. Le trema la voce al racconto della madre dell'arciduca sulla sensibilità del figlio e un po' ci crediamo. Gli occhi le brillano all'idea che possa succedere qualcosa al fringuellino inamidato e una certa paura, quella della scomparsa dell'amato, giunge a sfiorarci.
Su tutto, la preziosa e sempre moderna regia di Max Ophüls, eterno bambino alle prese con la sua scatola magica. Avrebbe fatto grandi cose con l'avanzar degli strumenti; chissà quali filtri, cerchietti, dissolvenze e altro...
Consigliatissimo, per ripassare regia e recitazione. E, perché no, per non dimenticare di come nella Storia esistano più facciate, quella che dà sulla via principale...e quella sul retro bottega, dov'è che si stringono gli autentici "affari", mentre il pubblico sorride sui marciapiedi.
(depa)
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