Due giorni fa, in occasione del quarantesimo del vecchio Jachi (auguri scatenato!), ho portato avanti l'ubriacatura a base di Roger Corman. Il venerando regista s'è presentato in sala Valéry con un libro del maestro letterario dell'orrore, Edgar Allan Poe of course. Il racconto è cominciato, la rappresentazione ha preso forma: "I racconti del terrore" (1962) è un classico con tutti gli elementi necessari, compreso Vincent Price.
Fedele all'impostazione letteraria, una voce introduce l'atmosfera in nove parole, mentre immagini dai colori e contorni sinistri confermano il mistero che ci attende. Ancor più fedele a se stesso, Price si presenta con la sua espressione migliore, e non l'abbandonerà più (era corrucciato anche sotto la doccia e, dicunt, pure...). Orrorifico disperato, "questo corpo...involucro, scorza di carne"...sul suo volto tutta la sofferenza dei vivi. Poi è la volta di un altro mostro sacro del cinema inquietante, l'ungherese László Löwenstein (n.a.c. Peter Lorre), qui in una delle ultimissime e grandiose prove (l'anno seguente girerà ancora un altro "Corman", prima di salutare tutti l'anno dopo), col suo sguardo ambiguo ed ipnotico.
Dissolvenze, affascinanti, giochi d'ombra terrificanti, stacchi audaci e dettagli d'autore: insomma, dal prolifico autore, altra pellicola, con propositi ben differenti rispetto alla "Bottega" vista di recente.
Nei pressi della morte, un triplice vortice scaturito da Poe.
(depa)
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