Torniamo un po' al Trieste
Film Festival 2015, mica mi son scordato. Il secondo film visto, nella sala
Tripcovich del capoluogo friulano, fu "In the crosswind", del
regista estone Martti Helde, classe '87. Sontuosa e atroce passerella fotografica,
in rigoroso bianco e nero, che ci mostra la deportazione estone iniziata nel
1941. Occhio e spirito vanno a braccetto, sollevandosi in un grande esercizio
d'arte e sprofondando nell'abominevole indole umana.
A' la goiça, Emir!
Chi se lo scorda quel "Gatto nero, gatto bianco" del 1998, visto in un cinema di Via XX che non c'è più? Tremendamente giovani e casinisti, la galleria era nostra. Per qualche motivo, a ben pensarci, ignoto, il regista jugoslavo Emir Kusturica ci trovò pronti ai nastri di partenza, decisi a celebrare la fanfara di sentimenti, costumi, espedienti e pollame della cultura zigana. "Pitbull...".
Pim pum duro, batte il tamburo
Qualche settimana fa, un bel trio s'è presentato al Cinema Cappuccini, in
quella suggestiva piazzetta tra il livello del mare e le antenne del Righi: Elena, Marigrade ed io, col solito ritardo snobistico, siamo pronti. In
programma il discusso "Birdman" (2014), del regista messicano,
classe '63, Alejandro González Iñárritu. Pluripremiato agli Oscar, ma non solo,
è riuscito nella stravagante ed inaspettata impresa di trasformare tutti in
critici cinematografici d'essai, cresciuti ad Altman o a Tim Van Patten
che si fosse...!? (ma sì, dai, grandissima quella serie!)
Persi, Altrove
Dopo 6 imperdonabili anni, il Cinerofum invita John Cassavetes (1929-1989). Il regista newyorkese dall'animo e dall'opera tribolati, nel 1984 vinse l'Orso d'Oro a Berlino, con "Scie d'amore" ("Love streams"). Film in pellicola gustata grazie agli organizzatori della rassegna "Intollerance", in una suggestiva saletta nel cuore dei caruggi, presso il teatro "Altrove" (alle spalle la cineteca "D.W. Griffith", congratulazioni per le 100 ore di pellicola proiettata). Benvenuto John, quindi, te e quella grinta segnata da rughe che, si vede, sono ben più profonde, te e questo tuo cinema alla nouvelle vague, su letto di U.S.A., con le figure più libere e imprigionate.
L'ultimo "Spazio" è senza fine
Ed eccomi all'ultimo
"Oberdan". Sono contento che sia un Kieślowski, che sia "Senza
fine". Ha un senso. Lo stesso che ha avuto e sempre avrà la mia
gratitudine verso questo cinema che m'ha abbracciato con l'antologia più
rigogliosa dell'arte che amo.
Questo fu il
messaggio che mandai, groppo in gola e lacrime agli occhi, a due o
tre persone che so io. Era il 1° aprile 2015, niente da ridere. Era,
invece, il 1985 quando Krzysztof Kieslowski realizzò questo film intriso
di morte e dolore: ancor meno da ridere.
Rosso a Greenaway
Fugacemente anticipai il mio giudizio su questo altro film del gallese
Peter Greenaway, presentatomi dall'inestimabile "Oberdan". Quindi
sono qui ad argomentare, nonostante la disgraziata scomparsa degli appunti del
momento, le mie perplessità a proposito de "Il ventre
dell'architetto", pellicola del 1987 ambientato tra i monumenti di della
Roma e le rovine dello spirito umano.
Farewell CFUPola
Più di un mese fa, ormai, il CFUP di Viale Monza (MI) mi...m'ha salutato
con l'ultimo appuntamento su "Il Dopoguerra nel cinema italiano". E'
il romano Mario Bonnard ad imbastire il dolceamaro farewell: "La
città dolente", del 1948, è il racconto di uno dei tanti esodi di
carne da macello spostate dalla Kamchatka alla Mongolia, per una sacca vitale e
bugiarda, perché il gioco vada avanti.
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