Ieri sera, ancora in quel di Genova, mi sono buttato su
un film made in Jamaica, suggeritomi
tempo fa da Jeff, un signore americano che da anni vive in quel di Winnifred.
Niente male come suggerimento: il film merita e risulta infine “Una satira sul turismo che si concentra sugli
sforzi del cameriere Ringo Smith per sfruttare gli sfruttatori” ("Time Out
London") che regala emozioni e risate.
“Smile Orange”
(1976) di Trevor Rhone (scrittore,
drammaturgo e regista giamaicano nato nel 1940 e morto nel 2009) fu una pellicola
che non passò inosservata ricevendo elogi e critiche in tutto il mondo.
Gli elementi tecnici cinematografici non
sono eccelsi, ma d’altronde il budget
a disposizione del regista sarà stato sicuramente di gran lunga inferiore a
quello dei sui “colleghi bianchi” dell’epoca e allora “we have to do what we have to do” e quello che è stato fatto non è
uscito per niente male.
Si parte subito con un tipico esempio di “so fi so an no fi no” (qualcosa per
qualcosa e niente per niente) tipico giamaicano che il protagonista Ringo
sfrutta a suo vantaggio, senza trovare tuttavia grossi ostacoli verso la strada
del piacere, finché madre natura gli tira un brutto scherzo… E già si ride…
Non è male la prestazione di Carl “Ringo”
Bradshaw come quella di tutti gli altri attori e non fatevi ingannare da certe espressioni
un po’ troppo enfatizzanti: non si tratta di incapacità degli attori, ma del
normale e usuale modo che hanno i giamaicani di esprimersi!
Le emozioni della pellicola arrivano: si
prova tenerezza e soddisfazione per il young
bwoy che, infine, riesce a tirar su due soldi per se e la sua famiglia nel
modo più tipico per i giamaicani e le risate si sprecano quando gongola da dietro
una finestra osservando che la sua “bella” sta vincendo un sacco di soldi…
Ringo si arrangia, fa, disfa, aiuta, ma
non si espone mai troppo, così come il suo amico collega che si trova sempre e
comunque dalla sua parte finché non è lui a rischiare il posto di lavoro… e a
quel punto il coltello in mano è istinto più che voglia di far male…
Il finale lascia l’amaro in bocca che è
quello della splendida e dolce centralinista… Stupid white man! Che bisogno c’era di raccontarle tutte quelle favole!?
Che rabbia…
Insomma, un film che mi ha emozionato, ha
arricchito il mio bagaglio culturale della Settima e la mia conoscenza della
società giamaicana e che dunque suggerisco vivamente a tutti i ‘rofumaicani.
(Ste Bubu)
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