Ieri sera sono ritornato al "Circolino" per assistere, dopo due assenze, alla terza proiezione appartenente alla rassegna "Sconfinati Amori", dedicata alle diversità sessuali. Il film di ieri è stato "XXY", film argentino del 2007, diretto da Lucia Puenzo. Tema: l'intersessualità.
Non mi è piaciuto. Con buona pace...mia, visto che questa pelicula ha fatto incetta di premi più o meno prestigiosi ("Semaine de la Critique" a Cannes). Ma proprio no; non ho trovato una sola cosa positiva in questo film. Opera seconda della giovane regista classe '76, figlia d'arte (?); più che per il merito di andare a sondare un terreno pressocché inesplorato, non capisco come possa aver fatto breccia nei cuori di critici. La regia, alla faccia della delicatezza, è impalpabile, sul piano estetico. Effetto desiderato, certo. Contenti voi. Ma passiamo alle scelte narrative. Ecco alcune delicatessen, appunto: un bel ritorno sul luogo del concepimento (leggero leggero, proprio come un dolce altoatesino), un litigio pateticamente allestito in un porticciolo uruguaiano (con la protagonista che proprio non può evitare di voltarsi continuamente verso l'avversario, fuori luogo). Poi c'è la sequenza del vino a tavola, che iscrive ufficialmente questo film in tutto ciò che c'è già. Ah già, dimenticavo uno degli stupri più avulsi della storia cinematografica (sorprendentemente seguito dal più classico dei diti tagliati affettando un bell'ortaggio; vi spiego: serve a comunicare uno stato di nervosismo!). Non manca nulla. Eppure di carne al fuoco ce ne sarebbe stata. Ma toccare un tema vergine non è sufficiente, ci vuole un taglio, meglio se consapevole, che dia spessore al racconto, rendendolo interessante in quanto completo, solido, bello se possibile. In questa pellicola, invece, come testimoniato dalla sequenza nella doccia, mi è parso che gli autori girassero a vuoto (la battuta del padre chirurgo, "meno male pensavo fossi finocchio"?...forse è così acuta che il mio rozzo cervello a maglie grosse non può cogliere, perdona), quasi incapaci di gestire questa patata, che è bollente, sì, ma sempre cucinabile con mezzi più tenaci di quelli messi in mostra. Musichette, fotografia fiacca, attori imbalsamati e una scioccante confessione finale (che spunta come una stella di natale alle Hawaii). Insomma, è una poetica e delicata boiata.
(depa)
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