Sabato di proiezioni interessanti all'"Oberdan". Andando a ritroso, alle ore 18 è stata la volta di "Per nessuna buona ragione", documentario diretto da Charlie Paul, "condotto" da un silenzioso Johnny Depp e dedicato all'affascinante figura del fumettista inglese Ralph Steadman, classe '36.
Fascino dovuto, oltre e soprattutto agli incantevoli (un incanto inquietante, che ora ghiaccia, ora infiamma) disegni del vivace e attento artista, anche alla strada percorsa assieme al controverso, controsballato, scrittore statunitense Hunter Stockton Thompson, giunto alla ribalta, almeno cinematografica, grazie al romanzo "Paura e disgusto a Las Vegas". Percorso artistico che, tra bicchieri scolati e pipistrelli improvvisi, ha portato i due compagni di viaggio a vedere una faccia diversa del dado.
Attraverso i primi passi di Steadman, incerti e guardinghi (Francis Bacon, Picasso, Rembrandt e altri a chiarirgli le idee), viene rappresentato il suo formarsi maturo, sino a quella consapevolezza della propria arte che gli permette, oggi, di "buttare" su carta ("di ottima qualità"), in diretta, opere che si mangiano con gli occhi. A chi dice che questo lavoro non sia del tutto organico, rispondo "è vero". A chi continua dicendo che "vale la pena" guardarlo, per approfondire un artista tenuto un po' nascosto, ripeto la stessa. Poi mi "leggo indietro" e mi sorge uno spontaneo sillogismo: è forse l'inorganico che "vale la pena", è lo "scomposto" che colse gli occhi del fumettista ad aver valore? E, d'altro canto, come avrebbe potuto (dovuto) essere compatto, un documentario su di un'interpretazione artistica che, in primis, si ritrova a raffigurare un salvifico stato confusionale?
Interessante.
(depa)
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