Niente da fare. Con la mente sono ancora là. Troppo bella e
importante (e breve) l’esperienza giamaicana. La voglia di approfondire la
conoscenza di quella mitica isoletta è ancora tanta e così, ieri sera, mi sono
buttato su un film made in Jam suggeritomi
da Depa.
“The
harder they come” (Più duro è, più forte cade) è un
film del 1972,
diretto dal regista giamaicano Perry
Henzell e interpretato da Jimmy Cliff. Si dice essere più famoso per la
sua colonna sonora che "ha portato il reggae al mondo", ma è stato anche
definito “il più influente film giamaicano e uno dei film più
importanti dei Caraibi". Personalmente,
penso sia una pellicola molto valida: attraverso l’appassionante storia di Ivan
e dei personaggi che lo circondano, il regista offre un gran bello scorcio
della Giamaica degli anni ’70.
La pellicola introduce subito il “jamaican
style” con un quasi- scontro frontale tra due pulmini strombazzanti e un
primo tipico dialogo “rude and respect”
che ha come protagonista Ivan, interpretato da un grande (anche nelle vesti di
attore) Jimmy Cliff.
Siamo ad inizio anni ’70, Mama Jam era una terra totalmente allo sbando dove corruzione
(validi e significativi, a tal proposito, i personaggi del produttore
discografico e del capo della polizia), tensioni politiche e violenza la
facevano totalmente da padrone. Il “One Love” di Bob era appena sbocciato e
forse non ancora assimilato e il concerto “Smile Jamaica”, che avrebbe avuto lo
scopo di alleggerire le tensioni politiche e ridurre la violenza nella down town, sarebbe stato necessario solo
4 anni più tardi. Era un “tutti contro tutti” costante e il regista mostra con
grande crudezza ed efficacia quella dura realtà in tutte le sue sfaccettature.
Grazie ad inquadrature ricercate e ben eseguite, riesce a tenere lo spettatore
sulla corda nei momenti di pathos,
che si alternano a piacevolissimi e rilassanti momenti musicali. Il neonato e
“blasfemo” reggae era l’unica via di fuga da tutto quel delirio e quando Ivan
sembra ormai inevitabilmente diretto verso una via senza uscita, se la canta e
se la suona alla grande con un suo (di Jimmy Cliff) grandissimo pezzo: l’omonimo
“The harder they come”. La pellicola, a questo punto, sterza verso un simile- “8 Mile” made in Jam anni ’70,
seppure bisogna riconoscere agli autori che lo schema di quel genere di film prenderà
totalmente forma solo negli anni ’80. Inevitabile la “piega verde” che prende
la trama, ma la noia non ha mai fatto capolino in sala Ninna e quello che ne
segue è sorprendente e ben proposto. Un fantastico inseguimento a ritmo di
reggae mostra quanto stupide, al limite del ridicolo, fossero le “guerre tra
poveri” nella down town. Dopo di ché,
un ultimo tuffo per quelle dutty and mystic roads è d’obbligo e, quando
ormai pensavo fosse tutto finito (e se mai, nulla da dire) la pellicola
accelera in un istante, la tensione sale su un classico, ma coinvolgente, “ce
la farà o non ce la farà” e non manca la morale che il regista comunica forte e
chiara ai suoi fratelli e sorelle giamaicani: “all right man, questa è vita! non finzione… Welcome to Jamrock!”
Superfluo elogiare la colonna sonora di Jimmy Cliff.
Una chicca della settima che consiglio vivamente a tutti gli
amanti di questa immensa arte e di Mama
Jam.
(Ste Bubu)
Ci sta questa pellicola, grande reggae (l'allegra canzone del trio black in sala di registrazione rimarrà nelle orecchie a lungo) e tanta disillusione verso l'animale uomo. Capace di tenacia e affetto, come di infamia e aggressività. La lotta tra poveri salva qualcuno che nelle note trova la propria ancora, i più finiranno male.
RispondiEliminaHo trovato il mitiico Jimmy Cliff un po' bleso, ma sappiamo come ci si sente in Jamaica...
Cinema acerbo ma non superficiale, direi che la strada fosse quella giusta, com'è andata a finire col cinema giamaicano?
Yah man!...
il trio di colore di cui ho scritto sono i leggendari Maytals con Sweet and dandy, gran pezzaccio con un crescendo degno degli Spiriti nel cielo di Dottori e Medici.
RispondiEliminaSia santificato il reggae, dondolando in spiaggia al CSOA più vicino!
Sarà stato lo scenario unico che ha fatto da cornice alla proiezione "BlackExploitation" di ieri sera, organizzata dal frontedegrado, in Piazzetta San Sepolcro.
RispondiEliminaIn piena zona pericolosa (!), borderline (!), quella su cui le istituzioni puntano molto solo in fase elettorale, questo film mi è parso tremendamente bello. Genuino come pochi, una denuncia sociale incalzante e schiettissima (di carne al fuoco purtroppo ce n'è sempre molta), che offre anche spunti di riflessione sul tema del vittimismo (che spesso che attanaglia gli oppressi): Ivan non molla un centimetro, e potrebbe già incazzarsi per questa logorante premura necessaria e non desiderata, a testa alta dinanzi a tutto e tutti (polizia corrotta e meschina, clero interessato e laido, business man avidi quanto incapaci, la marea dei timorosi e succubi). Colpisce durissimo e uccide anche: dove la linea che demarca violenza e azione necessaria (magari eroica)? Jimmy "Ivan" Cliff , nonostante lo sguardo perso, anticipa con fermezza l'ipocrisia, sbattendola fuori strada; e risolve la questione a modo suo (nel modo cui è obbligato, come tutti).
E' la naturale proiezione delle canzoni di Jimmy Cliff, pregne di liberazione e rivalsa sociale, in campo cinematografico. I dialoghi, apparentemente semplici e non curati, sono puntuali, senza inutili giri di. Ad Henzell il merito di aver gestito attori e ragazzi, senza timore di girare alcune sequenze per le quali altri registi richiederebbero ben altre risorse (gli scontri all'arma bianca, "don't fuck me!").
La colonna sonora è grandiosa, ieri sera qualcuno ha faticato a stare fermo. Aggiungiamo qui solo Desmond Dekker ai nomi di coloro che, prima di questo piccolo grande film, resero eterni Ska e Reggae.
Peccato aver dovuto ammainare le vele a mezz'ora dalla fine, ma il ricordo della serata...una ventina di ragazzi del quartiere assieme...in strada...il film su di un muro sporco...rimarrà fin quando cuore e cervello si scambieranno segnali di fumo.
Grazie agli organizzatori. Avanti, "non un passo indietro".
Infine una chicca from Elena: "Ah ma quindi Jimmy Cliff è un nome d'arte... .. ... . no? Scusa, in realtà non si chiama Ivan?!".
E' così vero che pare QUASI autobiografico.
No, Ele, Jimmy è un grande, ma si chiama James Chambers.