Venerdì scorso, agli Amici del Cinema di via Rolando, è stato proiettato l'ultimo film del ciclo dedicato al regista Yasujiro Ozu: "Tarda primavera", del 1949, "ripropone" (in realtà pone per la prima volta, ma vai a sapere chi stabilisce le scalette delle rassegne) un tema già visto quasi identico ne "Il gusto del sakè": il nucleo familiare messo in pericolo dagli stravolgimenti che il trascorrere del tempo (e una guerra suicida) apporta alle tradizioni.
Come ricorda il video introduttivo di questa serie di celebri pellicole (remastered) del regista, il cinema di Ozu è permeato da alcuni temi: nostalgia, affetti, dolore, leggerezza, vita...Ormai lo sappiamo. E anche "Tarda primavera" (tratto dal romanzo breve "Padre e figlia" di Kazuo Hirotsu) rispetta questa impostazione. C'è un'apparente pace assoluta, nei film di Ozu. Sorrisi incantati e futon ripiegati con cura, riflessioni pacate e vesti tradizionali. Il problema è che dietro a quei sorrisi, spesso, si nascondono inquietudini difficili da arginare, soprattutto se non affrontate di petto, ma nascoste pudicamente, con un rapido colpo, sotto il tatami. Setsuko Hara, sempre lei, sorride. Paresi facciale che stride sino alla resa dei conti, quando il conflitto sommerso emerge nel cuore di Noriko. Già di per sé, quel sempiterno sorriso, secondo me, è indice di qualcosa che non va. Lei ride. Che dica "Va bene, ti cucio i pantaloni" o "Vado all'ospedale", lei riderà.
Sto quasi per tirarle un pugno sulla faccia quando, molto educatamente, Noriko si premura di versare il sakè al conoscente già risposato (sempre sorridendo, lei confesserà di trovarlo "indecente", "sporco", per questa sua iniziativa).
Attorno a lei, nel frattempo: rigore formale, inquadrature aggraziate, proporzioni rispettate, musiche gioviali e riposanti. Ah...le biciclette sulla spiaggia!
Chiaramente manca la rabbia e il porco demonio. Però...Hattori sposerà un'altra, per fortuna. Proprio quando il déjà-vu di una zitella vittima di scrupoli matrimoniali, poiché troppo attaccata al padre, mi sta assalendo, ecco che irrompe il dolore (era, in effetti, tra i punti elencati dalla intro). Setsuko "Noriko" Hara versa lacrime. Si allontana solitaria lungo una malinconica stradina alberata...
L'elementarità dei sentimenti, non per questo fermi in superficie, anzi affliggenti più che mai (abbandono, inadeguatezza, paura), resa con eleganza, poi potenza. E' col finale doloroso che "Tarda primavera" s'innalza ad opera armoniosa e fragorosa sui fremiti del cuore.
Tradizioni ora calde e rassicuranti, ora fredde e prepotenti. D'altronde, siamo noi, inappropriate creature, a generarle prima, ad imitarle poi.
(depa)
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