Libere VXVII:
In sala Blauzer, siamo quasi i soliti: Albert Monzy, Depa, Doris, Elena e Tigre. Quest'ultimo, la cui infallibilità in fase propositiva è ormai studiata dagli statistici di tutto il mondo (giapponesi in primis), sfodera ancora una volta un film da brividi (no, non siamo nella "calda" sala Sbargioff...). Alcuni vibrano per la storia raccontata abilmente, altri per quel qualcosa che il film accarezza in maniera sensibile, forse un ideale. Cerchiamo un posto, tra i molti divani della sala, per la regista romana Lina Wertmüller: -Cinerofum: "Salve, prego si accomodi", -Lina: "Ueila, com'è? Che film avete scelto?", -C: "Mah...avevamo pensato ad un suo film del 1973: "Film d'amore e d'anarchia, ovvero: stamattina alle 10 in via Dei Fiori, nella nota casa di tolleranza"". Alla fine del titolo, di Lina non c'è più traccia...
In sala Blauzer, siamo quasi i soliti: Albert Monzy, Depa, Doris, Elena e Tigre. Quest'ultimo, la cui infallibilità in fase propositiva è ormai studiata dagli statistici di tutto il mondo (giapponesi in primis), sfodera ancora una volta un film da brividi (no, non siamo nella "calda" sala Sbargioff...). Alcuni vibrano per la storia raccontata abilmente, altri per quel qualcosa che il film accarezza in maniera sensibile, forse un ideale. Cerchiamo un posto, tra i molti divani della sala, per la regista romana Lina Wertmüller: -Cinerofum: "Salve, prego si accomodi", -Lina: "Ueila, com'è? Che film avete scelto?", -C: "Mah...avevamo pensato ad un suo film del 1973: "Film d'amore e d'anarchia, ovvero: stamattina alle 10 in via Dei Fiori, nella nota casa di tolleranza"". Alla fine del titolo, di Lina non c'è più traccia...
Ma sui nostri volti sì. Traccia indelebile, solco lungo il viso (ma no, nessuna storia di sorrisi e pescatori) di chi non avrebbe mai voluto vedere Antonio Soffiantini finire così. Tunin ci ha tenuto compagnia per due ore con tutta la sua tenerezza, la sua timidezza, la sua speranza intrecciata alla sua ingenuità, la sua paura, il suo coraggio e, soprattutto, la sua rabbia. Semplicemente, senza bisogno di essere comunista o anarchico (implicitamente sto per caso dicendo che queste due categorie di uomini pare siano le sole ad incazzarsi di fronte all'Ingiustizia? Chissà.), Tunin capisce che non si poteva andare avanti così. Lo spezzino Giancarlo Giannini è indimenticabile nella parte del contadino lumbàrd (bresciano?) disceso a Roma, in mezzo ad un mare di puttane e fascisti, figure diversissime tra loro, ma che possono mettere a disagio, a modo proprio.
Nella casa di tolleranza del titolo, Tunin incontrerà Salomè, l'altra protagonista del film: l'esplosiva milanese Mariangela Melato che, a suo agio nei panni della prostituta emiliana, darà altra grande prova di recitazione. Tutti e due assieme, i due esperti ed esplosivi attori, fanno scintille, raccontandoci in maniera davvero originale questa storia che di amoroso ha lo sfondo, poco romantico (nel senso più svalutato), di un casino, e d'anarchico solo un, poco strutturato, senso di rabbia. Ma perché forse alla fine è così che va...lassù vi sono gli ideali, di qualsiasi genere. Inarrivabili stelle. Quaggiù c'è l'uomo, che qualcosa percepisce, sale sulla scala, prova ad afferrare e cade. Sto dicendo che c'è qualcosa di analogo nell'entrare in una, ormai notissima, casa di tolleranza e nell'incazzarsi sino al gesto più violento? No: però un'incazzatura non molto consapevole può far sì che finisca tutto in un puttanaio.
Vabbè scusate l'excursus.
Musiche bellissime, la sorella della protagonista, Anna Melato, avvolge pellicola e spettatore. La scena della scelta (indovinate voi di cosa) rimarrà nelle nostre passeggiate, attraverso il fischiettio della bellissima "Petite Tonkinoise"...
(depa)
Nel giorno della dipartita di Mariangela Melato, un pensiero a lei e al suo volto che incarnava cinema, teatro e lotta.
RispondiEliminaA presto