Recensione LVIII:
Ieri sera Cinerofum in lutto: Mario Monicelli, viareggino  classe 1915, se n'è andato l'altro ieri, il 29 Novembre 2010. Come  sapete, il Maestro era già il più proiettato nelle nostre serate. Un po'  perché abbiamo tra noi un vero e proprio adoratore del regista, un po'  perché ci ha conquistato ogni volta di più. Sempre più affascinati dalle  risate incorniciate a meraviglia, dall'ironia che sottendeva tanto  amore quanto dolore. Figurarsi, quindi, se è il caso di fare calcoli: è  per te questo nostro incontro di ieri sera. Io, Elena, Tigre ed Albert, neve o no, ci siamo, in sala Uander; doveroso.
"Un eroe dei nostri tempi", del 1955. Con Alberto Sordi protagonista. Più che mai. L'affiatata coppia, con il contributo dello sceneggiatore bellunese Rodolfo Sonego, mette in scena una commedia perfetta, a mio parere. Un ritmo incessante, non solo una battuta dietro l'altra di uno degli "Albertoni" più divertenti che abbia mai visto, ma una catena continua di situazioni esilaranti, che coprono però un'avvilente e realistica rappresentazione dell'italiano medio. Le differenze tra "tipico" e "medio" le lasciamo agli elucubratori di mestiere. Monicelli, in questo film, ci racconta, tra l'altro, un'Italia vera, più credibile di quanto si pensi: non è vero che la maggior parte dei nostri connazionali sono dei timorosi intenti a salvaguardare soltanto la propria artificiosa certezza di cartapesta? Non è vero che in Italia si continua a coltivare un'ipocrisia più o meno latente, giocando ancora a chiudere negli armadi e a buttare sotto il tappeto, "Purché non si sappia in giro"...? Non è vero che alla fine molti finiscono col sentirsi al sicuro (che paradosso!) solo in divisa? Non sono veri episodi di malasanità, in cui strumenti chirurgici vengono "dimenticati"? Non è vero che, nel paese che fu di Cicerone, se una persona "presta il fianco", verrà accusata di fare uso di cocaina, di essere un anarchico o di andare a donne (quest'ultima magari è vera)? No, non è vero: neghiamo, va di moda.
Come è vero che se un tizio ha "un pacco", dietro l'angolo incontrerà la polizia. Memorabili sketch: Alberto Menichetti (il protagonista) in sala operatoria, al commissariato di polizia, sul Tevere...
Un Albertone con smorfie e facce insuperabili, certo. Ma, ieri sera più che mai (e giuro, è stato un caso), ho affinato il mio concetto di regia; il film di ieri sera ha reso più nitido, nella mia testa ignorante, il ruolo del regista. Spesso mi sono detto "Bravo il regista, ma con attori così ce l'avrebbe fatta anche...".
"Un eroe dei nostri tempi", del 1955. Con Alberto Sordi protagonista. Più che mai. L'affiatata coppia, con il contributo dello sceneggiatore bellunese Rodolfo Sonego, mette in scena una commedia perfetta, a mio parere. Un ritmo incessante, non solo una battuta dietro l'altra di uno degli "Albertoni" più divertenti che abbia mai visto, ma una catena continua di situazioni esilaranti, che coprono però un'avvilente e realistica rappresentazione dell'italiano medio. Le differenze tra "tipico" e "medio" le lasciamo agli elucubratori di mestiere. Monicelli, in questo film, ci racconta, tra l'altro, un'Italia vera, più credibile di quanto si pensi: non è vero che la maggior parte dei nostri connazionali sono dei timorosi intenti a salvaguardare soltanto la propria artificiosa certezza di cartapesta? Non è vero che in Italia si continua a coltivare un'ipocrisia più o meno latente, giocando ancora a chiudere negli armadi e a buttare sotto il tappeto, "Purché non si sappia in giro"...? Non è vero che alla fine molti finiscono col sentirsi al sicuro (che paradosso!) solo in divisa? Non sono veri episodi di malasanità, in cui strumenti chirurgici vengono "dimenticati"? Non è vero che, nel paese che fu di Cicerone, se una persona "presta il fianco", verrà accusata di fare uso di cocaina, di essere un anarchico o di andare a donne (quest'ultima magari è vera)? No, non è vero: neghiamo, va di moda.
Come è vero che se un tizio ha "un pacco", dietro l'angolo incontrerà la polizia. Memorabili sketch: Alberto Menichetti (il protagonista) in sala operatoria, al commissariato di polizia, sul Tevere...
Un Albertone con smorfie e facce insuperabili, certo. Ma, ieri sera più che mai (e giuro, è stato un caso), ho affinato il mio concetto di regia; il film di ieri sera ha reso più nitido, nella mia testa ignorante, il ruolo del regista. Spesso mi sono detto "Bravo il regista, ma con attori così ce l'avrebbe fatta anche...".
 Ebbene: ieri sera in  campo c'era un certo Alberto Sordi, con una prestazione maiuscola; e sin  dalle prime scene ho percepito la bacchetta del maestro che dettava il  ritmo alle battute, indicava i tempi dei movimenti, spostava fisicamente  i personaggi, con la cinepresa e...le mani, la voce. Ecco, ho capito  perché un maestro del cinema viene chiamato così: dirige i propri  interpreti ed insegna con ogni osservazione, con ogni inquadratura. Che  poi sono la stessa cosa. Le osservazioni, in fieri, per gli attori; le  inquadrature, a posteriori, traducono queste indicazioni in messaggi per  noi. Risultato: una cerscita per tutti.
Ebbene: ieri sera in  campo c'era un certo Alberto Sordi, con una prestazione maiuscola; e sin  dalle prime scene ho percepito la bacchetta del maestro che dettava il  ritmo alle battute, indicava i tempi dei movimenti, spostava fisicamente  i personaggi, con la cinepresa e...le mani, la voce. Ecco, ho capito  perché un maestro del cinema viene chiamato così: dirige i propri  interpreti ed insegna con ogni osservazione, con ogni inquadratura. Che  poi sono la stessa cosa. Le osservazioni, in fieri, per gli attori; le  inquadrature, a posteriori, traducono queste indicazioni in messaggi per  noi. Risultato: una cerscita per tutti.Poi ho anche capito perchè il Tigre da un anno mi ripete 'sta cosa; ho capito perché lui sarà, per noi, sempre, Il Maestro.
(depa)

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Il 29 Novembre 2010 è una data che sarà ricordata per sempre. Un giorno triste per tutti gli appasionati della settima arte.
RispondiEliminaUn grandissimo personaggio rivoluzionario se n'è andato in perfetta coerenza con il suo stile: cinico, concreto, razionale e con le idee chiarissime sino all'ultimo respiro.
Grazie per l'infinita eredità filmica che ci hai lasciato.
Queste poche righe vogliono essere un affettuoso addio a Mario Monicelli, lui sì un eroe dei nostri tempi.