Tutti alienabili

Un buon film si riconosce dalle prime due o tre inquadrature ("eccallà, la sparata del giorno"). Quello che abbiamo visto Elena ed io venerdì scorso, "The Constitution" (sottotitolo italiano "Due insolite storie d'amore"), diretto dallo zagabrese classe 1947 Rajko Grlić, non mantiene tutte le promesse iniziali, ma conferma la sua sensibilità sul piano visivo, con la fotografia (luci) ben attenta al proprio compito: incorniciare ciascun luogo secondo le differenti gradazioni di minaccia, protezione, isolamento, passione o dolore, presenti nello stato d'animo del protagonista. Esistenze travagliate all'ombra delle Nazioni, dove l'illusione di una costituzione aurea continua a rincoglionire le menti, cedendo alle discriminazioni più violente.

L'eleganza del salotto su cui si apre la "pellicola", dove il protagonista s'è ritagliato una porzione di regno, è la stessa della m.d.p. che lo segue tra le stanze (sino al bancone d'un barista rispettoso). Si potrebbe pensare ad una cupa storia d'amore scosso (e percosso), ma ci ritrova tra le mani una commedia, divertente e intelligente, sulle contraddizioni delle società di oggi (a parte l'illusione di cui sopra, mai esplicitamente sottolineata dal regista croato, probabilmente assuefatto anch'egli dai miasmi politici balcanici). Anche se, dopotutto, l'intreccio poggia sul razzismo e sulla xenofobia del protagonista omosessuale (ossimoro etico ed esistenziale riscontrabile sempre più spesso in ogni luogo), gli autori sono stati abili a sfruttare la sua posizione per presentare anche altri punti di vista (i simpatici vicini di casa). Poiché finalmente essere discriminato non regala una saggezza in più, bensì un pacco d'odio in omaggio, se non si sta attenti a non firmare e a buttare giù dalle scale il vile venditore. Dalla bellezza delle immagini, all'intreccio psicologico/storico si sostituisce un degno cine-romanzo, scandito da una sceneggiatura ben studiata, che avvolge con vestaglia e cognac e dolci serbi l'odio che picchia per le strade ed insegue per le scale.
Chiusura correttamente blanda (ormai!), con tocco scherzoso, e a volte è meglio così: pensate se sulla panchina "finale" si fosse compiuta la tragedia annunciata...altro che due o tre inquadrature.
(depa)

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