...e ora so' cazzi di "O".

Pertanto sabato sera, all'"Altrove", è stata la volta del film di cui nel pomeriggio s'è parlato parecchio. "Film", del 1965, è l'unico cimento in campo cinematografico dell'altissimo Samuel Beckett. Cortometraggio di una ventina di minuti, frutto di una preziosa quanto faticosa collaborazione, restituì al pubblico percezione dell'eterno inseguimento tra l'osservatore e l'oggetto, sempre tragico e scioccante, poiché terminante con l'arrendevole ammissione di sé.

Come racconta l'introduttrice occhialuta, cui ormai non sapremmo rinunciare, questa pellicola non sarà musicata in sala, come invece previsto. D'accordo con quanto espresso allora da Samuel stesso, umilmente ci rimettiamo al suo silenzio. Comprensibile, dato il discorso sulle percezioni (tutte) e su quella uditiva in particolare, dato il protagonista Buster Keaton gigante del muto, e dato che anche "FILM" è...muto (a meno di uno "Shhh!", tra l'altro non emesso).
Parte "E" all'inseguimento di "O", o forse è "O" che si tira appresso "E", volente, nolente o servo di altre forze. Potrebbe trattarsi di fuga, da ciò che non vuol esser percepito per scomparire ("Esse est..." e buona notte). Osservatore e osservato si rincorrono tra la folla (una coppia, ma sarebbero dovute essere di più), lasciano sbigottiti sino a nascondersi in un'abitazione. Ma l'è dura non farsi braccare. Qualcuno per le scale lo scovi sempre (e anche se non vi fosse nessuno...). Non resta che stupire anche la vecchia, poi chiudersi nel freddo ma vuoto appartamento, dove finalmente affrontare le proprie cose. Passato, spirito, affetti: tutto da distruggere nell'illusione che così... Ma, te l'assicura Beckett, "O"!, puoi fare il giro del mondo in 80 secondi, veloce come il fulmine, profondo come una voragine: con "E" ci vai a letto e te lo porti nella tomba. Tanto vale affrontarlo.
(depa)

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