"E" chiude l'angolo

Sabato scorsa è stato grazie all'"Altrove" se, nel cuore di Genova semi ghiacciata, ci si è potuto smarrire nelle profonde e un po' destabilizzanti tematiche del grande Samuel Beckett; scorci di poetica e percezione differenti, che l'autore irlandese riversò, dopo lunga e doverosa gestazione, nei suoi unici ventidue minuti di cinema. "NotFILM", del 2015, scritto e diretto dallo statunitense Ross Lipman, celebre restauratore di altrettali pellicole, è un "cine-saggio" sul suddetto lavoro di Beckett ("FILM", appunto), in cui si esplora la genesi del film, compresa l'interazione dello scrittore coi collaboratori, variegata élite di professionisti non sempre in sintonia con la sua personale e complessa visione del mezzo cinematografico. Soggetto ed oggetto non sono mai stati così...lontani.

Lungo questa genesi incontreremo il filosofo George Berkeley (1685-1753), connazionale di Beckett, col quale questi intraprese un dialogo a distanza sulla conoscenza umana tramite percezione ("Esse est percipi" prrr!) e che pose le basi per la sua pellicola del 1965 (come per molte sue riflessioni).
Beckett scese nell'arena cinematografica a varie sfumature d'assurdo, come Ionesco e Pinter, coadiuvato dal regista teatrale ucraino Alan Schneider (1917-1984, poi naturalizzato a Broadway) e, durante la complicata ricerca dei collaboratori adatti, ci si imbatterà nel celebrato direttore della fotografia statunitense Haskell Wexler (1922-2015, due "Oscar" in bacheca), poi sostituito da Boris Kaufman (1897-1980), fratellino di Dziga Vertov.
Il loro lavoro sulla percezione, sulle orme delle teorie di Beckett, come alternarsi di gusto e disgusto per il visibile, richiederà nebulosi confronti, non sempre sciolti. Anche l'udito sarà ben chiamato in ballo, in una pellicola meno sperimentale di quanto si creda, ma fortemente teorica, dove ha un fascino del tutto particolare, e voluto, la chiamata di Buster Keaton per questo lungo inseguimento in cui, per una volta, è lui ad essere in fuga (nel suo prezioso "angolo di immunità"). Mescolando i soggetti, inseguimento è anche quello che attuano gli occhi del drammaturgo (la cui vista era affetta da malattia degenerante).
La "distinzione tra percezione e realtà alla base della struttura di 'FILM'" innesca un altro inseguimento, a coprire tale gap, come quello tra l'Io ed il resto da sé (dopplegänger!).
Documentario intellettualistico, con qualche improvvisa licenza per il gossip spicciolo (come l'incontro del giovane fan con Keaton, durante le riprese) e materiale inedito più che prezioso (il celebre incipit, poi tagliato); bella e alta chiacchierata che in effetti può essere vista prima del "FILM" stesso, così da seguire meglio quello che per i terrestri potrebbe risultare "un delirio di Beckett"; come fu  per lo stesso Keaton, il quale ammise di "non aver mai capito cosa stessero combinando", restando durante le riprese un frammento distante (da rincorrere, ancora). Per conoscere quale cerchia di artisti e professionisti si avvicinò al genio dell'autore dublinese, adoperandosi sul "divario tra concetto e realizzazione" particolarmente ampio.
Insommaguardatelo!
(depa)

1 commento:

  1. In verità, nel Project I della Grove Press di New York stava l'idea di una trilogia di sceneggiature cinematografiche affidate a tre protagonisti del cosiddetto teatro dell’assurdo; tremendous operation, solo Beckett porterà a termine il compito, con grandi fatiche, per poi voltarsi e vedere un Io con cui non congratularsi.

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