Lo Stato uccide

Lunedì scorso io ed Elena siamo rientrati. In Italia, sì ma, soprattutto, in una sala, tra le pellicole della Cineteca Griffith, insomma: nel magico mondo del Cinema. In programma all'"Altrove" c'era "Daniel", pellicola del 1983 diretta da Sidney Lumet e basata sul testo del newyorkese Edgar Lawrence Doctorow, "Il libro di Daniel" che, nel 1971, ripercorse la vicenda dei coniugi Ethel e Julius Rosenberg. Come spesso in Lumet, il tema è esplosivo, a lacerare le budella: la pena di morte, con qualsivoglia giustificazione. A ben guardare, nient'altro che la necessità stessa dello "Stato" di divorare chi non allineato.

Il racconto parte, con le agghiaccianti considerazioni di Daniel sulla tortura delle Nazioni (nel 1880 la "prima sedia elettrica"). Poi ci si ritrova nel pieno delle tensioni sociali degli anni '50 newyorkesi. Peter Isaacson/Julius Rosenberg e l'incontro con la sua compagna, il fervore riversato nelle strade. La voglia di cambiare. La lotta per quello che si riteneva un mondo più giusto. "Il praticissimo buon senso delle masse senza educazione", "l'eroismo silenzioso di chi lavora la terra ogni giorno". Parole che fanno vibrare (se non si è persi tra cover di cellulari e serie TV). Ma il discorso di Lumet si fa più ampio. Non solo sui coniugi Isaacson/Rosenberg, l'occhio del regista si sofferma anche sulla vicenda di Susan, figlia immaginaria, antagonista incompatibile per definizione con la Società (qui, per puro caso, americana). Gli Stati hanno mezzi differenti, cangianti con le epoche (nuove morali e tecnologie offrono altrettali spunti), per immobilizzare, con reclusione o farmaci, gli elementi sovversivi, i ribelli.
La violenza di stato è servita.
Nessuna innovazione nella struttura, coll'alternarsi delle epoche e dei fatti (seppia per gli anni '50, focalizzati sui genitori di Daniel, senza filtro per gli '80 dei figli), ma Lumet è un artigiano della pellicola sempre in grado di confezionare momenti forti e commoventi. Vedi il silenzio dei giochi di bambini sulle "note" della lettera materna, o la loro breve fuga su quelle di "Lady Chain".
Contribuiscono alla riuscita della pellicola, le ottime interpretazioni di tutti gli attori.
Oltre al "wiki-scarso successo al botteghino" (e come poteva essere altrimenti? Ponete uno specchio sporco e venato dinanzi ad una Nazione e questa si volterà, se non potrà frantumarlo!), l'insostituibile presentatrice accenna, invero colpevolmente, che "recentemente è trapelato che forse cospirazione ci fu". Forse si dovrebbe entrare nel merito, trattandosi di uomini ammazzati (a fortiori se non uccisi da altri uomini, ma da uno Stato, cui tutti i suoi uomini, cittadini probi, si affidano ciecamente). Quale cospirazione? Termine già fumoso per definizione, qui cosa indicò? Uno schizzo, un foglio, un intento? Ma dopotutto...come se cambiasse qualcosa. Come se finire bruciati vivi implicasse soltanto il trovare una giustificazione. La causa intima, come scritto sopra, il Cinerofum la conosce.
"E' terribile fare questo alla gente". Ancora di più, ormai, stupirsene.
(depa)

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