Bere al cuore

Qualche settimana fa mi son diretto sulla collinetta dove poggia la bella piazza dei Cappuccini. Il motivo lo potete dedurre. Già, il cinema. Anzi, Cinema + Marigrade (è un menù NON tutto compreso di comprovati vantaggi). "Saint Amour", diretto a quattro mani, nel 2016, dai francesi Benoît Delépine (classe 1958) e Gustave Kervern (1962), s'è rivelato il perfetto film da domenica pomeriggio, piccolo prezioso, ironico e amaro, sullo scorrere della vita e del vino. Vino buono, tanto.

Mauro Corona direbbe "Aspro e dolce". Sapor complesso, strutturato!, raggiunto grazie ad un ottimo gioco di squadra, su tutti registi e attori, soprattutto i principali Gérard Depardieu e Benoît Poelvoorde. Questa coppia d'oro, composta da un mostro sacro del cinema francese e internazionale, e da un belga finalmente in auge oltre i confini nazionali, dà al film il gusto di un vino semplice ma robusto. Poelvoorde è un alcolizzato strepitoso, dalle movenze, espressioni e comportamenti realistici, che vien voglia di scrutare con avidità (anche se i suoi stati dell'ebbrezza, non è colpa sua, sono errati...). Depardieu è un gigante di dolcezza che intenerisce, benché sempre in piedi, come ogni padre. Marigrade ha sottolineato anche l'"umiltà", cioè l'approccio, la presenza fisica sulla scena, meno invadente del solito, della stella del cinema francese (con quella stazza bovina, qualche alibi ce l'ha). L'atmosfera da road-movie, molto drunk, avec un peu de vin, permette ai protagonisti di stare in silenzio dicendosi molte cose, di incontrare personaggi fantasiosi (che solo una sosta, che sia tale, può offrire). Comparizioni, incontri, nuove visioni, gli ingredienti che fanno di un viaggio un'intima crescita. Tranquilli, nessun apicoltore nei dintorni: no sequenze al miele. I due registi riescono nella (sempre) difficile operazione di emozionare senza premere al petto di nessuno, ma conducendo, proprio come il "complesso" taxista (anche lui un personaggio azzeccatissimo che rende l'idea dell'attenzione psicologica riposta nel soggetto), di tappa in tappa, sino ad accorgersi che, tra abbuffate obelixiane (paterne) e sinfonie di tappi (filiali), oltre al fegato s'è ingrossato pure il cuore. Quando dico "filmetto ben riuscito", intendo "belin, ogni tanto un film che pare dire poco, ma che divertendo, umilmente, ci fa bene" (perché senza additivi).
(depa)

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