Rubala e corri

A volte va così, ti arrovelli nel cercare pellicole decenti, poi qualcuno, tipo Marigrade, ti propone un filmetto in un cinema parrocchiale frequentato da ultra novantenni, tipo "Nickelodeon", tu non sei convinto perché sei snob, tipo me, e infine ne esce una pellicola leggera ma intelligente, ironica ma attenta, scanzonata ma utile. Utile, ad esempio, per capire cosa sia stata La Musica per generazioni di ragazzi malcapitati (tipo Dublino anni '80). E' per questo che mi sento di consigliare "Sing Street", tipica boy-band story (qui @school level), diretta dal dublinese John Carney (classe '72), che si fa percorso di crescita, dove questa può significare solo evasione. Anche perché la musica, prim'ancora che in un'epoca e in un luogo, è nell'aria.

Film senza ambizioni, ottimo così. Non punta in alto e supera il limite. Giocandoci su, senza scordare le terrificanti brutture del mondo là fuori, questa banda di ragazzi tiene un'ottima compagnia, regalando veri attimi di comicità ma, soprattutto, inquadrando alla perfezione il ruolo sociale della musica e di chi decide di cavalcarla (briglie-strumenti alla mano). Al di là dello specifico genere musicale, ogni nota, canzone, disco rappresentano un telepass valido per la diversa corsia scelta, ma la direzione è una sola: la fuga, "corri come se l'avessi rubata" incita una delle tante belle frasi/strofe emerse dal film. Pertanto una chiara luce sulla funzione "salvificatrice" della musica a difesa da preti/genitori/prepotenti/violenti (o semplicemente da genitori stanchi, forse fiaccati da una società capitalista che crea crisi per autoalimentarsi), senza retorica, cosa non facile. Basti vedere il gran personaggio del fratello del protagonista: è lui la vera anima di questi amici sgarrupati (tra cui compare anche il sosia spiccicato di Corey "Mouth" Devereaux, "Goonies" & "Stand By Me", una sorta di citazione). Osservazioni più prevedibili (la "compensazione della madre") si accompagnano a dissertazioni sulla musica e sulla vita (eccolo il binomio!) che vien voglia di ascoltare. Come il tema del fratello maggiore apri-pista per il fratellino (significativa la dedica finale del film ai fratelli d'ogni dove). Se poi ci sono ancora "ragazze che stanno con un fidanzato che ascolta Phil Collins", ciò non leva genuinità e veridicità ad una pellicola dagli spunti semplici ma stimolanti (come detto, senza comunque dimenticare che al di fuori della musica, il tanfo può essere insopportabile). Anche gli spunti sulla rivoluzione dei videoclip, "perfetta sintesi tra musica e marketing" ("rimane per sempre!"). Così come la grandiosa sintesi sui Cure: "Felicitristi".
Facce buffe e da schiaffi, occhi dolci e denti guasti, questi ragazzi si sono divertiti e anche noi in sala, con loro. Che il protagonista, classe '99, evidentemente già avvezzo ai balli delle scuole, si possa rivelare un nuovo Leo Di Capr...? Quando l'ho visto a prua della sua barchetta, diretto ad Aberystwith...
(depa)

Nessun commento:

Posta un commento