Villaggio Uomo

Tempo di memorie disperse; non dimenticate. Proprio mentre, nella terrazza della Sala Valéry, Mino ci raccontava di un "garage infernale", lo stesso ci proponeva di andare al cinema a vedere un'altra testimonianza dell'abominevole capitolo dei desaparecidos argentini. Indi, sabato pomeriggio, ci siamo diretti verso l'"America" a vedere "Il clan" (2015), l'ultimo film del regista argentino Pablo Trapero, classe 1971, col quale vinse il Leone d'Argento per miglior regia a Venezia 2015.

Le immagini caratterizzate dai contrasti accentuati, da una fotografia "agghindata" e da movimenti sinuosi fanno andare la mente subito alla California, dove i film li fanno così. Tale sensazione rimarrà per tutta la durata della pellicola, ma lo spettatore (almeno a noi tre in sala, Elena, Mino ed io, è successo) avrà ben poco tempo e fiato per distrarsi coi ninnoli tecnici. Sullo schermo, nudo e cruda, la pura violenza che spurga da ambienti e culture sbagliate. Dalla feroce dittatura, appena cambiata d'abito, e dai meschini militari, rimasti orfani di se stessi come sempre, ecco prendere forma una delle tante brutture dell'umanità. Per il primo film di Trapelo in cui m'imbatto, ho parole positive, sia per il taglio che, se non è realistico, quanto meno non perde di vista l'obiettivo (richiamo alla responsabilità comune). Se qualche passaggio appare semplicistico, l'atroce romanzo narrato, comunque, risulta senza sbavature. Per questo, credo, questo film chiude il cerchio proprio nel finale; quando, non solo è evidente l'ingenuità di "non guardare" da parte delle persone vicine ai fatti (il gioco dei contrasti tra dentro e fuori è costante, nei volti, negli attimi, anche musicali, proprio come in quell'altro "Garage"), bensì emerge un qualcosa di ancor più tragicamente umano, l'incapacità di non mentire a se stessi, di muovere colle proprie gambe, di vivere in piedi, vivi appunto, presenti a se stessi. Eccola, l'ipocrisia che muove il capitale (il mondo). Per questo la moglie/madre continuerà a rassicurare il figlio. Per questo la fidanzata ("Giuralo!...Lo sapevo!") e gli amici ("ti libereranno questi bastardi!") non riescono, mi vien da dire "fisicamente", ad aprire gli occhi e interrompere la mendace e infame proiezione. Idem le sorelle all'oscuro di 'sta cippa (in tal caso, da condannare comunque per stupidità). D'altronde c'è sempre chi nega, no?
Detto ciò ho apprezzato l'attenzione a non cadere nella retorica che fa più male che bene, per cui mi è parsa corretta la chiusura finale , incluso la caduta suicida ripresa senza tagli.
In compenso taglio io, scappo; grazie Mino, come disse il bimbo dopo le prime due cucchiaiate: 'ncoa!!
(depa)

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