Primo Greenaway scordo domani

Tempi di Greenaway. Orbitanti attorno al festival internazionale della poesia di Genova, nei giorni scorsi, sono passati i film del gallese Peter Greenaway. Sabato scorso, per essere presenti al Cinema San Siro di Nervi (esordio nel Cinerofum! E viceversa), dove sarebbe stata proiettata la sua prima e forse più celebre opera, Elena ed io ci siamo presentati sotto l'Osteria del Duca già per ora di pranzo, non si sa mai. Che delusione, però, "I misteri del giardino di Compton House" del 1982. Grande attesa, dopo le pagine e pagine lette su quest'opera che doveva significare il picco estetico dell'autore gallese...

...ma solo una ridondante rappresentazione di una spinta artistica (su ricompensa), un desiderio sessuale (pure), un intreccio giallino di cui ci disinteressiamo ben presto; determinati, piuttosto, a setacciare la pellicola per capire i motivi. Le ragioni di una gloria che, lo dico a Peter stesso, avrebbero maggiormente meritato altre sue opere. La ripetizione, l'insistenza citata sopra, credo di averlo imparato, è tòpos stesso della poetica greenewayana, ma altrove s'accompagna ad altri ingredienti, dando ai colori che girano nell'oblò nuova forma, intensità, forza. Ecco, rispetto ad altre creazioni dell'autore, ben più stimolanti, manca questa forza centrifuga, libera, scalpitante a 360 gradi, qui imbrigliata da un racconto e da una rappresentazione che cammina lenta (altro che i raptus audiovisivi di...ne scriverò), lungo uno, massimo due piani, interpretativi e rappresentativi. Tutti persi dietro al fascino di un capellone, di due donne disposte a privarsi di tutto (soprattutto delle abbondanti e promettenti vesti) e di una musica sinfonica assordante che, quando percepisce che è il momento giusto (sì proprio lei!), corre in giardino a scuotere i personaggi e sbrigliare il ritmo, altrimenti avviluppati in loro stessi. Si è perso tempo, ormai è tardi.
Ueh, manco un "nudo Greenaway" degno di nota; e ho detto tutto.
(depa)

Nessun commento:

Posta un commento