Mormoni e belgi

Il quarto Greenaway visto in rapidissima successione agli "Amici del cinema", qualche settimana fa, è stato il primo capitolo de "Le valigie di Tulse Luper". Avventuroso percorso visivo realizzato nel 2003 e intitolato "Parte 1: La storia di Moab", questa pellicola spinge il pubblico in sala a perdersi tra i versi digitali di Peter Greenaway.

Via, si parte, comincia questa "Storia di una vita in 16 episodi", sballottando as usual lo spettatore che, anche stavolta, deve impiegare un po' di tempo per accordarsi alle immagini sullo schermo. Intorno al 1919 lo sconosciuto, tenace e stravagante Tulse ha 10 anni e un grasso amico per la pelle. Amico che non lo abbandonerà e che per primo s'innamorerà dell'immensa spinta che muove Tulse e del suo metodo di ricerca.
Un Greenaway ancora più ambizioso e sfacciato del solito, se possibile. Un divertimento di immagini ed eventi di fantasia, la storia di un uomo che pare al centro del mondo, puroscillando tra il deserto dello Utah e la stazione d'Anversa. Tulse è un collezionista? Bah, di che? Valigie? Mmhh...Tulse è un raccoglitore, di dati, informazioni, sapere, ma non sopporta di lasciarseli cadere addosso, vuole trarre conseguenze o, quantomeno, un bel piatto di piacere artistico. E' scrittore erudito e scienziato spericolato. Passò dalla biologia, archeologia, storia, dal porno degli anni '30, poi dalla poesia, scrittura and so on...Le immagini vorticano, l'epoca e i luoghi non sono pronti, Tulse Luper è destinato a rimanere incompreso e in galera. Uno dei tanti. La consueta umana resistenza ad una ricerca sopraffina e scalpitante, centrifuga, propria di uno spirito libero. Insopportabile una natura così affamata di sapere e sublime.
La falsa e affascinante sensazione che il flusso di immagini superi il regista, per farsi da esso inseguire, ora scattante al passo, dopo ansimante d'affanno. Autore visionario di un caos che, solletica pensare P.G. nolente, si compatta in narrazione matematica (continua). Se non è genio artistico, vi tende: quasi lo si può ammirare, scendere dal treno (reg.) e scalare a quattro zampe sulla vetta di una poetica non comune (lassù, inevitabilmente e gustosamente altezzoso). E' il tipo che, trovata una fune che pende da chissà dove, balza l'afferra e va (di qui il coinvolgimento e la fascinazione per Tulse). Giuro non fumo da una settimana e inizio ad amare l'assordante ridondanza del poliedrico regista gallese, dunque la ripetizione dei ritornelli si può! Caleidoscopio della curiositas, dove mormoni e belgi si scambiano di coppia, in questa pazza danza di colori, tra pennellate frastornanti e, tutt'attorno, i puntualissimi piselli di Greenaway.
(depa)

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