Mangiauova e tradimento

Grazie alla preziosa donazione da parte di una rara coppia di appassionati cinematografici, Fra e Mino che il Cinerofum ringrazia, può fare il suo ritardatario ingresso, su questo inutile blog, un regista cui un cinefilo che si rispetti debba, nel bene e nel, volgere lo sguardo. Il cileno Alejandro Jodorowsky, classe 1929, surrealista sino alla psicomagia, nel 1968 girò in Messico il suo lungometraggio d'esordio: "Il paese incantato" (t.o. "Fando y Lis"). Cinema altobasso, d'etere e carne; autentico delirio tra sogno e incubo: con gioia e paura si gira attorno, ma in realtà dentro, se stessi.

Dopo la dedica ad uno dei produttori (Samuel Rosemberg, errata corrige, leggi commento), inizia questo film il cui genere d'appartenenza, tra i siti in lingua spagnola, evidentemente più sensibili al tema, viene definito come cinema panico. Quindi è meglio star tranquilli, rilassarsi e lasciarsi travolgere dall'insensata danza umana immaginata e allestita da Jodorowsky. Compiti che il regista esegue con ricercatezza pari alla naturalezza. Un pianoforte-spiedo va in fiamme tra le macerie di una disgrazia delle tante. La mente corre birichina all'Ottoemmezzo felliniano, perché pure qui son giostre e sirene a tentare a bordo pista. I bianchi e i neri danzano attorno al viaggio di Fando nel paese delle "pastiglie". E' il mondo intimo dei ricordi, delle paure e delle passioni (delle ipocrisie!). Lis è una dolce Deneuve latinoamericana disposta a farsi scarrozzare, a qualunque costo, nell'universo di Fando, dove il suono assume ruolo fondamentale per questa esperienza visionaria. Surrealismo carnivoro, dove una recitazione prettamente teatrale, seppur gridata!, è quello che ci vuole per non toccare terra, se non la fossa, stile perfetto per un sogno che non c'è. Nueva ondata del cinema cileno, che fa il filo ad un certo cinema d'autore e ribelle europeo (Francia, Italia, Germania...), per poi impazzire, sapientemente, a modo suo.
Vista la fila di gente che smania qui sotto, guardo l'extra col commento del regista e lo aggiungo io, un commento, va là.
Hasta luego.
(depa)

1 commento:

  1. Ecchime. Commento del regista interessante e spaziante, come capita ogni tanto e come apprezzo sempre. "Ho sempre desiderato fare film", ci spiega Jodo (sì ormai è "Jodo" per il Cinerofum, come per i migliori cinefili), da quando passò in rassegna tutti i mascherati e i mostri del cinema di allora, giungendo, tra un circo e una marionetta, ad innamorarsi di chi è strano. Curioso l'episodio legato al Samuel Rosemberg che erroneamente ho messo tra i produttori. Samuel era un ragazzo down cui Jodo di affezionò sino a volerlo come assistente ed autista (compare nella scena in cui, ad una ventina di minuti dal finale, tre uomini si invaghiscono di Lis, consegnata loro da un Fando rabbioso per il suo rifiuto; gli altri due sono l'addetto alla fotografia e il poeta scrittore Arreola, che s'innamorò davvero di Lis sino a chiederne la mano); il padre del ragazzo apprezzò l'atteggiamento del regista e decise di finanziarlo. Samuel se ne andrà dopo le riprese, andato a fuoco con uno spinello, grandioso.
    In questo film ricco di simbolismo, una società vampira, elegante e stupida, si aggira con code di gallo tra rovine che nemmeno sa di avere provocato. I due protagonisti, tra ricordi dolorosi, provano un ritorno ad un'innocenza mai più raggiungibile. Società in cui la mente razionale ha la sua corsia preferenziale, per violentare e distruggere.
    Film di un Jodo dallo spirito giovanile e provocatorio, pronto a gettarsi nella mischia senz'alcuna nozione teorica né tecnica del mezzo cinematografico: stava legato, fisicamente, al direttore della fotografia per dirgli dove e come muoversi, poi di corsa dal montatore di Bunuel, Savage. Ancora oggi, dopo più di 30 anni, il regista cileno è fiero dei suoi film per pochi, cosa che gli ha permesso di fare ciò che volesse.
    Mangiauova a tradimento o, mi permetto, mangiapesche sciroccate.
    Altro fatto curioso il rapporto del regista coi suoi attori protagonisti. Odiò visceralmente quel Fando, tra i pochi attori professionisti, così biondo, così sicuro di sé, "pessimo attore" che calzava a pennello proprio per questo, per sottolineare la bassezza della recita umana.
    Altra chicca è l'ombra di John Lennon (e della Apple...) tra i finanziatori, del film e delle allucinazioni...
    Sul finire, interessante disquisizione dell'autore sul movimento panico: "lo deridemmo; la cultura lo prese sul serio, ne scrivono libri, lo considerano un grande movimento. Ma non è esistito. E' uno scherzo. La cultura pop è un'idiozia". Insomma, graffiante sino all'ultimo, su vetrate e visi di tutti.
    Com'è, come no, le immagini di questo film hanno una loro forza scioccante, che vale la pena di subire. Massacro psicomagico necessario, a quanto pare.
    Un altro Jodorowsky , su.

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