Girala come vuoi

Il secondo lungometraggio del regista statunitense Jim Jarmusch, "Stranger than paradise", è un bel vagare a vuoto che sa di nuova ondata d'oltreoceano, con tre interpreti in tutto, tutti bravi, uno su tutti; personalmente, ritengo però che mostri qualche cucitura di troppo nella sceneggiatura, non perché si vaghi senza senso, ma anzi, perché non sia stato in grado di raccontarlo.
Eh già, mica facile fare un film così. Questa volta non ci si appiglia a corti che presi da soli o nel tutto mantengano vivo l'interesse del pubblico; Jarmusch punta alto con un budget basso, scelta che gli fa onore e che, scrivendo per me, alletta con uno stile che m'appassiona.
Montaggio riflessivo, tutto il tempo per fiatare, tanto da fare c'è poco. Si possono anche percorrere 10.000 Km senza, in realtà, cambiare luogo. Pellicola bohémien che, comprensibilmente, poté stupire ed affascinare i cinefili nella fumose sale più coraggiose; oggi ha qualche ruga, seppur mantenendo il proprio retrò sex appeal, complice una colonna sonora su cui abbandonarsi (Jay Hawkins). Il compare di viaggio, Richard "Eddie" Edson, poi, è un dolcetto impagabile della recitazione; John "Willie" Lurie conferma la sua qualità di tassello di mosaico cinematografico niente male. Bel cinema che vuole e deve maturare, senza fretta.
Finale senza senso? A casaccio? Rafazzonato? Meglio che quei tre si dividano, ecco tutto.
(depa)

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