Extra: Loro sì...

Ciao a tutti, vorrei riportarvi le mie impressioni riguardanti un film che ho visto con Elena una settimana fa. "Stanno tutti bene" di Giuseppe Tornatore, del 1990. Come capita ormai quasi matematicamente ad ogni proiezione, negli ultimi minuti, ho avuto qualche problemuccio di sonnolenza...tant'è che, prima di dirvi la mia su questo terzo film del regista siciliano, ho dovuto aspettare di ripercorrere le scene finali. E meno male che l'ho fatto! Ora vi spiego perché.
Intanto vorrei aprire un inciso utile al mio discorso: vedete? Capite quale lavoro fondamentale ci obbliga a compiere la nostra iniziativa? Ripercorrere il sentiero professionale di un regista ci permette di capire se eventuali difetti/pregi sono specifici di una certa opera (il regista li ha compiuti inavvertitamente), o se sono marchi di fabbrica del direttore, o se sono testimonianze di una curva ad andamento più o meno costante.
Il caso di Tornatore è quello del regista che, sin dagli esordi, si diverte a cimentarsi in simbologie, metafore che portino in superficie ricordi annebbiati dal tempo e dai fatti di ogni giorno. Il che non è un male, anzi, devo ammettere che, restìo sulle prime ai suoi "romanticismi" al sapor di millefiori, trovo che alcuni suoi azzardi siano risultati anche efficaci. Ma, come constatato per il recente Baarìa (ricordate?), mi accorgo che è sempre negli ultimissimi passi che il regista palermitano casca malamente. Cavolo! Ero molto soddisfatto di questo film, con un Mastroianni formidabile, nella parte del vecchietto che risale l'Italia a vedere un po' come stanno i suoi bambini ormai cresciuti! Ho concesso al regista la mossa di rappresentare i figli come ancora bambini, e va bene! Perché non si tratta di una melensaggine o di una simbologia fine a se stessa (per il vecchio Matteo i figli saranno sempre e davvero ancora quei pargoletti che corrono per la spiaggia!); lascio passare anche la rappresentazione delle proprie preoccupazioni verso la salute dei figli sotto forma di una medusona nera gigante...e ok! Lascio passare (di più non posso) il fatto che durante la telefonata ad uno dei figli (che non trova mai) e conseguente messaggio registrato della segreteria telefonica, il regista decida di rappresentare la...non so proprio cosa (?!) ah sì, la freddezza di questi nuovi mezzi di comunicazione che allontanano invece che unire, mediante dei fermi immagine, in cui la gente per strada, attorno alla cabina telefonica, rimane "freezata". Ma il fotogramma finale no; è impossibile accettare che un regista ci prenda tutti per deficienti e ci regali metafore raccontate in tale maniera. E' bellissimo il fatto che il film ci ricordi un credo popolare (il milione di lire in mano al neonato porterà fortuna...) che suscita tenerezza, ma spiattellarmelo lì così...è deprimente. Non è richiesto. Ecco, se devo trovare un grande difetto di Tornatore è proprio questo. Se fosse una scena di un suo film, si staglierebbe all'orizzonte una gamba gigante, che dal cielo piomba sul Gran Canyon ed inciampa alzando un bel polverone rosso...bello eh? S'intitola "Il passo più lungo".  Dai...in Baarìa mi creò disturbi nervosi per quella trottola con dentro la mosca (!?!?)...ma ho capito; ho capito che qui il danno è fatto, il guasto è ben sedimentato.
Detto questo tenete il conto dei minuti trascorsi. Il film sino a cinque minuti dalla fine, merita comunque di essere visto. Anche solo per capire di che cavolo ho scritto in questa recensione...
(depa)

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